Imballaggi fast food e sovrappeso: conferme da nuove ricerche

Il fast food dunque presenta un’altra criticità. Dopo i pericoli derivati da obesità e inquinamento, ora arrivano i rischi sugli imballaggi, che contribuirebbero al sovrappeso. Ad essere a rischio, secondo le ricerche, in particolar modo le donne.

La ricerca di Harvard

Ad accusare gli imballaggi è la Harvard’s School of Public Health. Analizzati gli imballaggi, e scoperto che gli elementi che li compongono farebbero aumentare di peso.

La causa sono i perfluoroalchilici, sostanze di fabbricazione degli imballaggi. Una volta in circolazione nel sangue, provocherebbero danni all’organismo, rallentandolo, impedendo un buon stato di forma e aumentando la massa grassa.

In questo rallentamento del metabolismo, i grassi non vengono bruciati in modo naturale, portando all’obesità. Altre ricerche avevano già evidenziato questo effetto sulle cavie, ma ora, lo studio della Harvard’s School of Public Health ha coinvolto anche volontari umani.

Lo studio è stati condotto su 621 persone con condizioni di obesità e sovrappeso. Nell’arco si sei mesi sono state rintracciate le sostanze chimiche perfluoroalchiliche nel sangue, che sono risultate maggiori in chi aveva aumentato il proprio peso. Una maggiore incidenza dovuta probabilmente al consumo di cibi fast food imballati, che è stata collegata anche ad una maggiore incidenza nell’insorgenza del cancro, dell’aumento del colesterolo e delle malattie immunitarie.

Quali imballaggi sono nocivi

Queste sostanze sono contenute non solo nei sacchetti e negli imballaggi di pane, popcorn e confezioni water-resistant. Sono state rintracciate anche nelle pentole antiaderenti, nei tessuti waterproof e in alcuni tipi di tappeti.

Per i ricercatori di Harvard, l’uso di imballaggi fast food è totalmente da evitare, perché le confezioni rilascerebbero, secondo i dati, gli elementi nocivi nel sangue, bloccando così delle funzioni metaboliche fondamentali.

Le altre ricerche

L’allarme sulle sostanze fluorurate, comunemente chiamate Pfas, era scattato già lo scorso anno, quando dei test di alcune associazioni di consumatori in Europa avevano evidenziato un rilascio nel sangue dai contenitori. I test erano stati talmente evidenti da portare la Danimarca a legiferare in senso restrittivo per gli imballaggi di fast food e pizzerie. Per l’Italia i test erano stati condotti da Altroconsumo, in collaborazione con il Danish Consumer Council, il DECO portoghese, l’OCU spagnolo e il Test-Achats belga.

Su 65 campioni analizzati, ben 63 avevano superato i limiti imposti dalla legge della Danimarca, e nelle analisi tossicologiche erano state trovate sostanze incluse nell’Elenco europeo delle sostanze estremamente problematiche.

Alcune sostanze rinvenute, ad esempio il PFOA, sono nocivi per i feti e la fertilità. Il Parlamento Europeo si è mosso con una risoluzione, cercando di spingere la Commissione Europea a regolamentare in modo più stringente 13 categorie di materiali per imballaggi.