Identificate più di 60 specie aliene per l’Europa: ecco le più pericolose

Un team di scienziati ha identificato 66 specie vegetali e animali aliene, non ancora insediate in Europa, che rappresentano la maggiore minaccia potenziale per la biodiversità e gli ecosistemi della regione.

Da un elenco di lavoro iniziale di 329 specie esotiche considerate a rischio per la biodiversità recentemente pubblicato in Unione Europea, gli scienziati hanno ricavato e estratto un elenco di 8 specie considerate ad altissimo rischio, 40 considerate ad alto rischio e 18 considerate a rischio medio.

La ricerca, condotta dal professor Helen Roy del Centre for Ecology & Hydrology del Regno Unito e in grado di coinvolgere 43 ricercatori provenienti da tutta Europa e finanziata dalla Commissione europea, è stata pubblicata sulla rivista Global Change Biology concretizzando un approccio praticamente unico in Europa per ampiezza dei gruppi tassonomici e degli ambienti considerati, nonché per i metodi e per le fonti di dati utilizzati. Le specie considerate comprendono piante, invertebrati terrestri, specie marine, invertebrati d’acqua dolce e vertebrati.

Detto ciò, ecco le 8 specie che presentano il rischio maggiore per l’ecosistema europeo:

Channa argus. Specie di pesce originaria della Cina meridionale e orientale, ma ora ampiamente distribuita anche in Giappone all’interno di stagni e zone umide poco profonde e paludose, si ciba di specie ittiche autoctone.

Limnoperna fortunei. Cozza originaria della Cina e del sud-est asiatico, si è stabilita a Hong Kong nel 1965, e da qui, in Giappone e Taiwan negli anni Novanta. Successivamente, ha invaso gli Stati Uniti e il Sud America. Altera la fauna autoctona con un impatto sul sistema alimentare d’acqua dolce.

Orconectes rusticus. Il gambero originario degli Stati Uniti è ora presente in Canada, ed è una grande e aggressiva specie di gamberi d’acqua dolce, prevaricando sulle specie autoctone.

Plotosus lineatus. L’anguilla a strisce è originaria dell’Oceano Indiano, ma è stata registrata per la prima volta nel Mediterraneo nel 2002 e successivamente si è diffusa rapidamente lungo tutta la costa israeliana. Questo animale abita tutti i substrati sabbiosi e fangosi, contribuendo al declino delle specie attraverso la competizione e lo spostamento.

Codium parvulum. Questa alga verde originaria dell’Oceano Indo-Pacifico e successivamente descritta dal Mar Rosso, è stata registrata al largo delle coste settentrionali di Israele nel Mediterraneo e lungo la costa libanese. È considerato un pericolo perché altera la struttura e la funzionalità degli ecosistemi.

Crepidula onyx. Questa lumaca è originaria della costa meridionale della California e della costa settentrionale del Pacifico del Messico. Oggi è molto diffusa e considerata altamente invasiva in Asia, dove è stata segnalata da Corea, Giappone e Hong Kong. È in grado di contribuire al cambiamento degli ecosistemi autoctoni.

Mytilopsis sallei. Questo mitile è una specie salmastra che ha invaso l’Oceano Indo-Pacifico nel corso del 1900 e ha raggiunto Fiji, India, Malesia, Taiwan, Giappone e Australia. In alcune di queste aree costiere la specie domina completamente, poiché può sopravvivere in condizioni ambientali estreme.

Sciurus niger. Lo scoiattolo volpe, originario del Nord America orientale e centrale, compete per le risorse con gli scoiattoli nativi grigi occidentali e Douglas.

Tra gli altri risultati principali dello studio, evidenziamo come la maggior parte delle specie identificate proviene dall’Asia, dal Nord America e dal Sud America, e che se le specie acquatiche arrivano più probabilmente via mare, gli invertebrati terrestri arrivano più probabilmente insieme a merci e prodotti come le piante.

La professoressa Helen Roy del Centro per l’Ecologia e l’Idrologia ha in tal proposito dichiarato che “prevenire l’arrivo di specie esotiche invasive è il modo più efficace per gestire le invasioni. Prevedere quali specie possono arrivare e sopravvivere in nuove regioni implica la considerazione di molti fattori ecologici e socioeconomici interagenti, tra cui il clima, ma anche i flussi commerciali”.

Il nostro approccio collaborativo, che coinvolge esperti di diverse discipline, è stato fondamentale per raggiungere la classifica delle specie esotiche che rappresentano la più grande minaccia per la biodiversità europea” – ha concluso.