Nuovo studio sul ruolo dell’Oceano Antartico nel riscaldamento globale

Il riscaldamento globale al termine dell’ultima glaciazione potrebbe essere partito dall’Oceano Antartico. È quanto emergerebbe da uno studio, pubblicato su Science.
Per lo studio questo mare avrebbe avuto il ruolo di detonatore circa 18mila anni fa, quando iniziò il grande disgelo.

Durante l’ultima glaciazione, le correnti antartiche erano separate. Da una parte quelle superficiali e dall’altra quelle profonde, che non avevano legami. In seguito invece, iniziarono a mescolarsi. Le acque profonde, ricche di anidride carbonica, liberarono così il gas che prima era immagazzinato in profondità.

La ricerca sull’Oceano

La ricerca è stata portata a termine dall’Università di Oldenburg, dall’Istituto Max Planck e dall’Istituto Alfred Wegener, sulla base delle analisi sul campo. I tedeschi hanno effettuato dei carotaggi del fondale marino, per analizzare i sedimenti di alcune alghe.

A 4mila metri di profondità, sono stati analizzati gli isotipi di neodimio nei carotaggi, per valutare i cambiamenti nelle correnti marine. Il neodimio è una terra rara che va separato dagli altri minerali nei quali si trova. Questo processo non è affatto semplice, e in natura è poco diffuso.

I motivi del rilascio di CO2

I ricercatori hanno scoperto che queste microscopiche alghe immagazzinavano in passato l’anidride carbonica, e si depositavano sui fondali nel momento della morte.

Questo risulta dall’analisi dei carotaggi, per l’analisi degli ultimi 30mila anni di cambiamenti climatici nel fondale antartico. La miscelazione tra le acque profonde e quelle superficiali fu dovuta ad un’iniziale riscaldamento delle

acque, che fu poi accelerato dalla grande quantità di anidride carbonica portata in superficie. Questo processo, che coinvolse l’Antartide, ha fatto presupporre ai ricercatori tedeschi il ruolo di detonatore del riscaldamento alla fine del picco glaciale di 20mila anni fa.

L’anidrite carbonica (CO2), è considerato uno dei principali gas serra, assieme al metano. Il meccanismo che la rende pericolosa per l’ambiente, è la sua capacità di trattenere il calore emesso naturalmente dalla terra e dalla sua atmosfera.

In condizioni “normali”, la sua funzione è fondamentale per mantenere una temperatura stabile. Le forti emissioni però, sia naturali, come nel caso dell’Antartide del Paleolitico, che antropologiche, dovute all’industrializzazione.