Semi di cannabis autofiorenti: guida completa

Quando ci si approccia al mondo della cannabis, sono numerosi gli aspetti da considerare. Soffermarsi su questo aspetto implica, per forza di cose, essere consapevoli del fatto che esistono diverse tipologie di sementi. Nell’elenco, rientrano anche i semi di cannabis autofiorenti.

Cosa sono di preciso? Quali sono i loro vantaggi? Scopri le risposte a questi interrogativi nella guida presente nelle prossime righe di questo articolo.

Cosa sono?

In questo caso, il nome ci aiuta tantissimo. I semi di cannabis autofiorenti sono infatti una tipologia di sementi che fioriscono in tempi estremamente brevi. Per questo motivo e per via del fatto di non richiedere particolari premure per quel che concerne la gestione dei cicli di luce, sono molto apprezzati da chi inizia da zero a coltivare la cannabis.

In quanto tempo fioriscono?

I semi di cannabis autofiorenti fioriscono in 2/3 settimane, a prescindere dalla quantità e dalla tipologia di luce che ricevono.

Dove possono essere coltivate?

Tra i vantaggi indiscussi dei semi a cui stiamo dedicando queste righe rientra il loro prestarsi sia alla coltivazione indoor, sia a quella outdoor. Nel secondo caso, bisogna mettersi nell’ottica anche di piante di dimensioni contenute, aspetto che rappresenta un grande vantaggio dal punto di vista della discrezione delle coltivazioni.

Il nodo della genetica

Gli aspetti positivi appena ricordati sono legati alle caratteristiche genetiche dei semi. In particolare, molti danno il merito alla presenza della genetica Ruderalis, originaria delle zone più fredde del mondo, ossia quelle della Russia.

I vantaggi pratici

Dei vantaggi pratici dei semi di cannabis autofiorenti abbiamo parlato sommariamente nelle righe precedenti. Si tratta invece di un tema di grande importanza. Quando lo si approfondisce, è necessario citare la poca manutenzione che le piantine richiedono. Caratterizzate da un gambo spesso, crescono senza problemi anche dentro gli armadi (location scelta spesso da chi coltiva cannabis e ha poco spazio in casa).

Inoltre, al di là della mancanza di necessità di seguire un ciclo di luce, richiedono, rispetto alle varietà fotoperiodiche, anche molti meno nutrienti. Basta un terriccio di ottima qualità – un consiglio da professionisti prevede il fatto di aggiungere la perlite – e, senza bisogno di spendere cifre astronomiche in fertilizzanti, il gioco, come si suol dire, è fatto!

Si potrebbe andare avanti ancora molto a elencare i vantaggi pratici delle autofiorenti. Oltre a quelli appena indicati, rientra la possibilità di scegliere varietà con una quantità più o meno alta di CBD o cannabidiolo, principio attivo della cannabis noto per le sue straordinarie proprietà rilassanti e per il fatto di essere uno dei migliori rimedi naturali contro l’insonnia.

Quando è iniziato il loro successo commerciale?

Il successo commerciale degli autofiorenti è iniziato molto dopo rispetto a quello di altre varietà di semi di cannabis entrate nella storia. Siamo infatti al principio degli anni 2000, con la cosiddetta Lowryder. Quando la si chiama in causa, si inquadra, di fatto, la prima varietà di cannabis autofiorente proposta sul mercato. Per la sua selezione bisogna dire grazie al breeder Joint Doctor. Attorno a questa varietà ruotano diverse leggende metropolitane. C’è chi asserisce che sia stata per ben 9 generazioni.

Come gestire le temperature?

Anche se, come già accennato, sono molto resistenti, i semi di cannabis autofiorenti richiedono, per crescere al meglio, una particolare attenzione alla temperatura. In linea di massima, bisognerebbe mantenersi attorno ai 21°C. Anche l’umidità ha il suo ruolo e dovrebbe, se possibile, essere mantenuta, durante la fase vegetativa, attorno al 50/60%. Il discorso cambia nel momento in cui ci si affaccia alla fase di fioritura.

Degne di nota sono anche le caratteristiche dell’acqua per irrigarle, che dovrebbe essere caratterizzata da un pH compreso tra 6 e 7. In caso di necessità, lo si può correggere con soluzioni ad hoc.