Decodificato il genoma dell’abete bianco

Continuano i successi nella genetica applicati alla flora. Come rammenta un approfondimento curato dall’Ansa, infatti, la Fondazione Edmund Mach è stata in grado di supportare la corretta decodifica del genoma dell’abete bianco.

Si tratta di una notizia sicuramente gradita nel settore, che va ad aggiungersi alle altre operazioni di decodifica già realizzate con successo, e aventi ad oggetto il genoma della vite, del melo, della fragola, del lampone, dell’olivo e della pesca. Nel mondo animale, la decodificazione del genoma ha invece interessato recentemente alcuni insetti come la Drosophila suzukii e loro patogeni (Plasmopara viticola).

Oggi, dunque, a questo elenco la Fondazione Edmund Mach ha potuto aggiungere un ulteriore tassello, portando con successo a compimento l’attività di sequenziamento che ha permesso di far venire alla luce il codice genetico dell’abete bianco.

L’operazione è attribuibile, nel concreto, a un team internazionale al quale – per l’Italia – ha partecipato la Fondazione in collaborazione con l’Università di Trento, il Cnr e il C3A, giocando un ruolo fondamentale nel permettere di decodificare il patrimonio genetico di un abete bianco partendo da un albero di un bosco a Birmensdorf, in Svizzera.

Partendo da tale spunto, si è poi reso necessario completare il sequenziamento attraverso la decodifica di 18 miliardi di coppie di basi azotate, e cioè dei singoli tasselli che compongono il dna dell’albero.

Si è trattato, evidentemente, di un intervento molto complesso. E guai a pensare che si tratta di una decodifica più semplice rispetto a quanto non sia avvenuto in ambito umano, visto e considerato che le copie di basi azotate sono state presenti in una cifra sei volte superiore alle coppie di basi presenti nel genoma umano.

Ricordiamo, conclude il comunicato dell’Ansa, che l’abete bianco, con le sue radici profonde, rappresenta un albero di grande importanza e fascino in ambito naturalistico, considerato che le sue caratteristiche gli permettono di resistere meglio di altre specie ai venti.

In Italia la specie è particolarmente diffusa in Trentino, tanto da rappresentarne circa il 10 % del patrimonio forestale. Alcuni esemplari riescono a giungere a quasi 50 metri di altezza.

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